La borsa di pelle appoggiata su una spalla, jeans scuri, camicia azzurra, una cravatta blu elettrico, mi avvio verso la macchina prendendo le misure ad automatismi ormai dimenticati. Mr. Hamilton apre la porta di casa in vestaglia, prende la copia del Baltimore Sun dal ciottolato e mi fa un cenno con la mano: «Mr D, grazie per quello che state facendo per i nostri ragazzi!»
Raggiungo il parcheggio della scuola dopo aver sorpassato carovane di Bus gialli; parcheggio la macchina in cima alla collina, raccolgo la tracolla e mi avvio verso l’entrata. I pullman continuano a scendere placidamente lungo la spianata scaricando sul piazzale spicciolate di ragazzini con le mascherine colorate calate su visi che lasciano appena intravedere occhi incerti; sopra le nostre teste stormi di gabbiani volano senza fretta planando di tanto in tanto sulla baia. I ragazzi continuano a scendere dai predellini, roteano gli occhi sforzandosi di ricordare automatismi asfaltati da un anno di pandemia e classi virtuali.
All’altezza della bandiera americana vedo Destiny; la maglietta delle cheerleaders, una gonna di carta velina, la cartella che pende dalla spalla destra; è abbracciata in posa plastica a un ragazzo con le fattezze di un armadio a muro, le mascherine abbassate all’altezza del mento. Quando i nostri sguardi si incontrano le si illuminano gli occhi, sorride divertita, scosta delicatamente il ragazzo, si aggiusta la mascherina sulle labbra come fosse una mutanda e mi viene incontro.
«Hey Mr D…» strilla sgraziata,«Le sono mancata, vero?»
«Ma questa cosa che stavi facendo… » rispondo piegando gli angoli della bocca come a improvvisare un sorriso…
«Quale cosa?» mi risponde lei con aria sorniona
«Il CPR… la respirazione bocca a bocca con quel ragazzo… cos’è? Fa parte del protocollo Covid?»
«Ah ah…vedo che ‘Rona non le ha tolto il buonumore… comunque io ‘Rona l’ho già avuto quindi posso fare quello che mi pare e poi lei non è più il mio prof… quindi…» poi sorride, come folgorata da un’idea improvvisa, caccia dalla cartella il cellulare e digita qualcosa sulla tastiera, gira lo schermo avvicinandomelo alla faccia e mi ritrovo davanti Kenzie. Ha la faccia imbronciata, i capelli color cenere arruffati, occhi gonfi di sonno, un sorriso stanco ma felice.
«Mr… D» sussurra dal monitor… «Le sono mancata?»
«Ma tu non vai a scuola oggi?»
«Sono nel gruppo B, ma le sembra giusto? Se andremo avanti così Destiny quest’anno non la vedrò mai a scuola.»

L’atrio della Silvana è silenzioso e asettico come una sala d’aspetto di una stazione ferroviaria. I ragazzi bisbigliano da sotto le mascherine, la preside e i vice presidi li invitano a dirigersi in sala mensa dove sono stati disposti una serie di banchi a distanza di sei piedi l’uno dall’altro. I ragazzi si siedono ordinatamente e abbandonando le cartelle a terra guardandosi intorno. Sembrano impacciati riproducendosi in movimenti confusi e sgraziati.
I nuovi arrivati fanno cenni con le mani, provano a parlare a distanza di sei piedi, con le mascherine calate sulla bocca. Quando capiscono che l’operazione è impossibile, prendono il cellulare e cominciano a digitare saluti virtuali a persone reali. Prima scrivono, poi alzano la testa per leggerne la reazione negli sguardi; è un gioco fatto di sorrisi e cenni silenziosi , di messaggi e ammiccamenti.
Mi avvio verso la segreteria attraversando i muri tappezzati da cartelli covid che ci invitano a mantenere le distanze e lavare le mani. Quando arrivo davanti alla porta la spingo seguendo un movimento corroborato dagli anni, chiusa. Insisto, prima tirando poi spingendo, nulla. Busso delicatamente facendo anche un cenno con le mani per attirare l’attenzione di Ms. Harris, la segretaria; lei mi vede ma continua a rimanere seduta sorseggiando serafica il suo mochaccino deluxe, io scuoto la testa e picchio un po’ più forte, giusto per farle presente che sono chiuso fuori. Ms. Harris sembra prenderci gusto, fa una larga poppata e continua a rimanere seduta.

«Mr.D la segreteria è chiusa, nessuno può entrare.» Mi dice Mr.Green passando trafelato, una giacca marrone, mascherina con il logo della scuola, un frappuccino in mano.
«E io come faccio a timbrare?»
«Non si timbra più… almeno per ora, poi chissà…»
Davanti alla porta della mia aula c’è una ragazzina minuta seduta per terra, una mascherina fucsia con la scritta: I’m fine, it’s fine, everything is fine’ , i raggi del sole che filtrano dalla finestra dall’altro lato del corridoio le illuminano i capelli biondi raccolti in un chignon; tiene la testa calata sul cellulare, la bocca che continua a ruminare facendo ondeggiare la mascherina ritmicamente. Quando mi vede si alza, sarà alta sì e no un metro e cinquanta, sembrerebbe una bambina di seconda media se non fosse per un barlume di maturità nello sguardo da sedicenne.
«Hey Mr. D» dice divertita, un sorriso da sotto la maschera che si irradia negli occhi chiari.
Continuo a guardarla perplesso, avvicinandomi impacciato.
«Caspita, com’è alto…» sorride nuovamente.
Riconosco la voce, lo sguardo sornione, la gomma da masticare…
«Kaylee… ?» domando incerto.
Poco alla volta i miei studenti entrano in classe, io fatico a riconoscerli, perché di persona sono così diversi, così…reali.
La prima ora si muove sgraziata e incerta come una versione di Tacito. I ragazzi in classe con le mascherine mi fissano, quelli a casa mi guardano dagli schermi, entrambi si aspettano certezze che non posso avere. Traduciamo a fatica il monologo di Didone, quello in cui lei, tradita da Enea strilla ordini sconclusionati e immaginari…
Al termine della prima ora decido di cambiare strategia: i ragazzi in classe lavoreranno su una versione, quelli a casa tradurranno con me online. Prendo un foglio e mi dirigo in sala professori per fare qualche fotocopia. Quando arrivo ci sono già tre colleghi: Mr. Cummings, Ms. Ziegler e Ms. Hager. Si sono posizionati ai quattro angoli della stanza, per mantenere le distanze sociali.
Mr. Cummings è il primo della fila, si avvicina alla fotocopiatrice, la pulisce meticolosamente con un fazzoletto impregnato di hand sanitizer, poi posiziona il foglio e comincia a fotocopiare, già che c’è si mette a fare una lectio magistralis sulla lezione ibrida. «Queste lezioni mi ricordano tantissimo quelle trasmissioni televisive dove c’è il pubblico in studio e quello a casa… e noi dobbiamo interagire con entrambi… tenerli vivi, sul pezzo… il massimo.»
Ms. Zigler starnutisce inumidendo la mascherina di muco e saliva. Mr. Cummings si zittisce di colpo, noi ci limitiamo a fissarla con sospetto, lei sorride imbarazzata, poi soffia il naso aggiustandosi la mascherina sulla bocca:«Una brutta allergia…»si giustifica impacciata.
Noi sorridiamo coprendoci involontariamente il naso, stringendo nelle tasche gli hand sanitizer. Già… solo un po’ di allergia…
Intanto fuori dalla finestra i gabbiani continuano a vorticare tra la collina e la palude, i trucks a sfrecciare su White Oak, i ragazzi a imparare da casa e da scuola. Scrosci di risa negli alley deserti, accenni di miti tepori, mascherine di carta incastrate tra i rami, la furia del cielo equinoziale che zittisce al lieto spirare di Zefiro: timide prove di primavera…
Cari lettori e amici, le storie di Mr. D si prendono qualche settimana di ferie per lo spring break. Per chi ne avrà voglia, ci rivedremo lunedì 5 aprile. Chi ne avrà tempo (e voglia) vi aspetto sabato 27 marzo alla diretta Live organizzata dall’associazione culturale ‘Le sfogliatelle’.

Grazie! Il Suo libro mi ha fatto compagnia nelle serate di lockdown, interessante e super piacevole. Aspetto il prossimo! Con stima da una studentessa di Sua madre Cordiali saluti Mariella
Mariella Seveso Via Cervino, 2 22070 Grandate Como Mobile +393487112246
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