Se non sono gigli…

«Se tu penserai, se giudicherai, da buon borghese,
li condannerai a cinquemila anni più le spese,
ma se capirai, se li cercherai fino in fondo,
se non sono gigli, son pur sempre figli, vittime di questo mondo.»

De Andrè. La città vecchia

Il sole incendia il deserto che scorre ai lati della strada con sfumature fulve e arancioni. Il terreno è arido, punteggiato da cactus saguaro che sembrano una fila infinita di sentinelle silenziose. Qua e là, piccoli cespugli di creosoto, la ginestra del deserto, si aggrappano tenaci tra la sabbia e le rocce. I piccoli fiorellini gialli brillano al sole, le foglie cerose emanano un profumo di resina che sa di piogge lontane, custodi di segreti millenari sotto il cielo secco dell’Arizona.

In questo paesaggio lunare, un truck incede sotto l’asfalto che sembra un marshmallow appiccicoso bruciato dal sole cocente; oltre la linea dell’orizzonte, miraggi di pozze d’acqua tremano nella calura. Il rumore del motore è il metronono del silenzio del deserto, nel cielo blu marino un falco vola ad ali spiegate mentre scruta il terreno in cerca di prede. Sullo sfondo, le montagne rosse di Phoenix si stagliano simili a immense piramidi di terra rossa.

Una macchina della polizia appare nello specchietto retrovisore del truck, si avvicina con fare deciso. I lampeggianti blu e rossi si accendono, i loro bagliori intermittenti si confondono con il blu del cielo e il rosso della terra. Il conducente del truck, un uomo dal viso abbronzato e segnato dalla vita, getta un’occhiata nello specchietto e sospira, per un attimo accarezza l’idea di accelerare e sparire nel deserto, poi cambia idea e accosta al lato della strada.

La macchina della polizia si ferma dietro al truck, i lampeggianti ancora accesi. Un agente con il cappello da ranger e gli occhiali da sole scende dalla vettura e si avvicina al finestrino. L’unico rumore che riempie l’aria è il crepitio della ghiaia sotto gli stivali. L’agente ancora non sa che sta arrestando una persona il cui nome verrà ripetuto all’infinito in centinaia di stazioni di polizia, nei film, nella letteratura e nella cultura americana: Ernesto Miranda.

Ernesto Arturo Miranda nasce a Mesa, in Arizona, il 9 marzo 1941. Sua madre muore che lui  frequenta ancora le scuole elementari. Suo padre si risposa, ma con la nuova famiglia allargata le cose non vanno bene e qualcosa dentro Ernesto forse  si rompe per sempre. Il bambino manifesta una serie di disagi che spesso sfociano in problemi disciplinari e scolastici.

Riceve la sua prima condanna penale quando frequenta ancora le scuole medie. Viene condannato per furto e spedito in riformatorio. Nel 1956, appena un mese dopo essere stato rilasciato, finisce nuovamente in galera. Dopo il secondo rilascio, scappa in California

Tra le palme di Malibù e Venice Beach le cose non vanno meglio. Anche qui viene arrestato per rapina a mano armata e reati sessuali. Passa due anni e mezzo ai domiciliari, poi, a diciotto anni, viene estradato in Arizona. Senza una famiglia, senza soldi e senza idee, inizia a vagabondare negli stati del sud. La sua non è la vita di strada avventurosa di Kerouac, è solo la squallida esistenza di un ragazzino homeless solo, senza casa né soldi.

Da quel momento, Miranda trascorre più tempo tra le fredde mura del carcere che nel calore di una casa. Colleziona una serie infinita di processi e condanne, tanto da sembrare un candidato per il Guinness dei Primati della delinquenza. In fatto di prigioni, Miranda è un vero esperto: ha conosciuto le celle sia statali che federali, da Chillicothe in Ohio fino a Lompoc in California. Dopo una sfilza di scelte discutibili e altrettanti fallimenti, si stabilisce nuovamente  in Arizona. Qui sembra finalmente trovare un po’ di pace. Trova un lavoro come operaio notturno al molo di carico di Phoenix e inizia una nuova vita accanto a Twila Hoffman, una donna di ventinove anni, madre di due bambini avuti da una precedente relazione.

Ma torniamo sulla strada polverosa dove è stato fermato. Gli agenti sono alla ricerca di un truck che corripsonde a quello guidato da Miranda. Il mezzo è coinvolto in una brutta storia: il rapimento e lo stupro di Lois Ann Jameson, una ragazza di diciotto anni. Miranda  si lascia condurre alla stazione di polizia senza opporre resistenza, addirittura partecipa a un confronto all’americana. In fondo è solo un potenziale sospettato, nulla di più, e soprattutto non è formalmente in custodia.

Dopo il confronto però, quando chiede come se l’è cavata, per tutta risposta viene arrestato e portato in una stanza del commissariato. Dopo due ore di interrogatorio, viene convinto a scrivere una confessione a mano in cui si autoaccusa del rapimento e dello stupro di Jameson.

Con una dichiarazione di colpevolezza firmata di suo pugno, il processo di Miranda sembra una formalità. Per tutti, ma per il suo avvocato d’ufficio, Alvin Moore, un uomo di 73 anni, ormai prossimo alla pensione.

Moore è un uomo di legge, dal suo punto di vista, non è più importante capire se Miranda sia colpevole o no. Il suo è un principio puramente legale: il fatto di non aver consentito al suo assistito di avvalersi della facoltà di non rispondere o di non avergli comunque letto i suoi diritti, è a suo avviso un abuso d’ufficio che va al di là di ogni principio di assoluzione o colpevolezza. Il vecchio avvocato si oppone all’ammissione della confessione di Miranda come prova durante il processo, ma la sua richiesta viene respinta. Proprio per via della confessione, Miranda viene condannato per stupro e rapimento a trent’anni di prigione. Il vecchio avvocato non si dà pace, impugna le carte e presenta un appello alla Corte Suprema dell’Arizona, ma la condanna viene confermata.

Moore, ormai vecchio e malato, riesce a convincere un gruppo di giovani avvocati a portare avanti questa battaglia per lui. Così, un gruppo di giovani avvocati dello studio legale Lewis & Roca di Phoenix, si offrono di rappresentare Miranda. Per prima cosa presentano un appello nel quale sostengono che i diritti di Miranda garantiti dal quinto emendamento sono stati violati e la presentano alla Corte Suprema degli Stati Uniti.

Nel novembre 1965, la Corte Suprema accetta di esaminare il caso Miranda contro lo stato dell’Arizona. La petizione degli avvocati, un foglio di milleduecento parole, sostiene in sostanza che un uomo emotivamente disturbato come Miranda, con una formazione scolastica limitata, non avrebbe dovuto essere tenuto all’oscuro dei suoi diritti, sopratutto quello di non auto-incriminarsi.

La Corte Suprema degli Stati Uniti, visti gli atti, dà ragione agli avvocati. Miranda viene processato nuovamente dallo stato dell’Arizona. Nel secondo processo, la sua confessione non viene ammessa come prova, ma viene nuovamente condannato sulla base della testimonianza della sua ex convivente, Twila Hoffman, e riceve comunque la stessa condanna a 30 anni di prigione. Eppure per dirla con le parole di Giulio Cesare: alea iacta est, il dado è tratto…

Miranda verrà rilasciato per buona condotta nel 1972. Ormai, è a suo modo una celebrità. Probabilmente se fosse vissuto ai tempi dei social, avrebbe avuto più successo, ma sono pur sempre gli anni Settanata, così si accontenta di vendere per un dollaro e cinquanta centesimi bigliettini autografati che riportano la celebre frase: Hai il diritto di rimanere in silenzio. Se rinunci al diritto di rimanere in silenzio, tutto ciò che dirai potrà essere usato contro di te in tribunale.

Miranda morirà qualche anno dopo, alla vigilia di capodanno, accoltellato a morte in un bar di Phoenix. Il principale sospettato dell’omicidio di Miranda, Esequiel Moreno Perez, all’epoca ventitreenne, appellandosi proprio ai diritti di Miranda, viene rilasciato e fugge in Messico facendo perdere le sue tracce.

Solo nell’antica Grecia la nemesi, l’ubris, l’eros e il tanatos sono riusciti a raggiungere picchi più elevati. Come l’epopea dei miti ellenici, anche la storia degli Stati Uniti sembra snodarsi in un intreccio complesso di grandezze e miserie, di aspirazioni nobili e cadute altrettanto rovinose. Le storie di una nazione che danza tra le vette dell’aspirazione e gli abissi della caduta, una moderna tragedia greca, un mosaico di luci e ombre che racconta storie in perenne bilico tra sogno e realtà.

Only in America…


Qundo il 13 giugno 1966 la sentenza Miranda contro lo stato dell’Arizona viene resa pubblica, i dipartimenti di polizia in tutti gli Stati Uniti iniziano a distribuire schede di Miranda warnings per i loro agenti da recitare in caso di arresto:

“Hai il diritto di rimanere in silenzio. Se rinunci al diritto di rimanere in silenzio, tutto ciò che dici potrà essere usato contro di te in tribunale. Hai il diritto di un avvocato e di avere un avvocato presente durante l’interrogatorio. Se non puoi permetterti un avvocato, ne verrà fornito uno gratuitamente. Durante qualsiasi interrogatorio, puoi decidere in qualsiasi momento di esercitare questi diritti, non rispondere a nessuna domanda o fare alcuna dichiarazione. Capisci questi diritti come ti li ho letti?”

Questo blog compie in questi giorni cinque anni. La prima storia si intitolava “Una mattina in modalità social homeroom” e descriveva la vita di un gruppo di ragazzi di una scuola superiore di periferia negli Stati Uniti. All’epoca, non avrei mai immaginato che queste storie sarebbero diventate due libri, che avrei raccontato l’esperienza della pandemia, che sarei finito su Radio1 RAI e su alcune riviste, e che avrei partecipato a diverse trasmissioni radiofoniche. I progetti continuano… Ho in programma di pubblicare il mio nuovo romanzo, “Il peso specifico della felicità,” (titolo provvisorio che parlerà di Celia e Arham che ho prestato anche al mio blog). Le idee sembrano promettenti (così mi è stato detto), ma il progetto sta diventando sempre più impegnativo. Il libro richiede una terza stesura, un nuovo editing e un supporto promozionale adeguato. All’inizio di questa avventura, Diego Cugia, leggendo le mie storie, mi scrisse in una email: “Caro Michele, ho letto tutto. I tuoi racconti sono bellissimi, realistici e poetici, ironici e commoventi, da gran scrittore. Potrebbero sicuramente essere un libro, ma qui in Italia non vendono un tubo, tranne rarissime eccezioni. Dovresti farti conoscere nei talk-show televisivi (difficile, e poi sei in America), allora gli editori si interesserebbero a te. Ma non escludo che potresti trovarne uno comunque…” Quanto aveva ragione.

Vorrei ringraziare tutti voi: i miei lettori abituali e gli amici che mi hanno sostenuto lungo questo percorso di cinque anni. Mi avete fatto sentire un po’ più Mr. D di quanto lo sia in realtà, e mi avete donato un’incredibile quantità di affetto e sostegno, di cui vi sono immensamente grato. La stagione 2023-2024 si conclude qui. Se vorrete, ci rivedremo a settembre per un nuovo anno scolastico e una serie di nuove storie.

DUM SPIRO SPERO… Grazie di cuore a tutti.

Published by excathedra20

Insegnante di latino e italiano per una decina di anni in Italia, dal Duemilaundici in una scuola superiore negli Stati Uniti.

Leave a comment