Ma nel cuore
Nessuna croce manca
È il mio cuore
Il paese più straziato
Giuseppe Ungaretti
Mr Reder attraversa il semaforo tra l’intersezione di Battery Avenue e Key Hwy lasciandosi Inner Harbor, il porto turistico di Baltimora, alle spalle. Cammina lentamente inerpicandosi su per gli scalini di Federal Hill, muovendosi lentamente, con entrambe le mani ben salde alla ringhiera, senza fretta. Un passo alla volta raggiunge la cima della collina e si siede su una panchina vuota. È una superflua mattina di metà maggio; il cielo è azzurro con sfumature indaco che tendono al viola, dalla baia soffia una brezza che sa di acqua salmastra.
Non fa caldo, ma chi come Mr.Reder è cresciuto da queste parti, sa che l’aria si sta caricando di umidità e che a mezzogiorno sarà pressoché impossibile camminare sotto il sole senza sentire l’afa bollente che serra i polmoni.
Mr. Reder rimane seduto ancora qualche minuto a godersi l’aria calda di questa giornata da primavera estiva che si sta scaldando a fuoco lento; anche se sta per fare una cosa molto importante non ha fretta. Davanti a lui lo skyline di Baltimora si specchia nell’acqua blu a ridosso della collina. Mr. Reder indugia con lo sguardo sui grandi dettagli, il World trade center che si staglia dall’altro lato della baia protendendosi verso il cielo senza nuvole, l’acquario con le immense vetrate simili a specchi baluginanti che riflettono l’azzurro del mare, le barche che fendono l’acqua lasciando solchi di spuma bianca simili alle scie degli aerei.
Mr. Reder scuote la testa come a scrollarsi di dosso pensieri appiccicosi, prende il cellulare dal borsello, fa scorrere i nomi sulla rubrica, quando trova quello che gli interessa preme il tasto verde e attiva la chiamata.
Il motore di un aereo riempie il vuoto del cielo.
La linea è libera.
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